mercoledì 27 maggio 2009

La senilità è un processo

Il celebre naturopata svizzero Max Bircher Brenner (1867/1954) amava dire che la vecchiaia è una malattia psicosomatica, nel senso che se ci si aspetta il declino ad una determinata età è probabile che questo sopravvenga. In effetti è stato dimostrato che lo stato della mente influenza il meccanismo di difesa dell’organismo contro le malattie: in chi è depresso e scoraggiato non funziona bene come nelle persone serene ed ottimiste.
La prima condizione per vivere a lungo è quindi desiderare di vivere. L’altro aspetto da tenere in considerazione è che la società decreta le leggi della vita ma anche le leggi della morte e conseguentemente “le leggi del tempo”. L’espressione: “il tale ha fatto il suo tempo” corrisponde ad una condanna “sociale” pura e semplice. Infatti il corpo, per la maggior parte della gente, è continuamente sottoposto alla pressione sociale e culturale.
“Quel tale ha una bella età per andarsene!” Questo detto esprime, in modo astratto, un tempo di vita “autorizzato”. Per esempio l’idea di percepire una pensione a titolo di sopravvivenza sottintende alla concezione che si viva più a lungo di quanto decretino le norme vigenti e che la società accordi un rinvio. Nemmeno il rapporto “genitori-figli” sfugge alla legge del tempo. Sono molti i giovani che guardano i vecchi come appartenenti ad un altro pianeta o che addirittura non considerano più.

La conseguenza (purtroppo molto frequente) è che i genitori, estromessi dal circuito della “normalità”, cedano alle pressioni comportandosi realmente secondo questi decreti fino ad arrivare a considerare “naturale” questo stato di fatto. La vecchiaia è da considerare soprattutto un processo mentale che può iniziare molto presto. E’ il caso di molte persone di quarant’anni incastrate in una specializzazione che impedisce loro di estendere quotidianamente le loro conoscenze ed i loro interessi.
La stessa cosa avviene per coloro che non leggono, non studiano o non creano ogni giorno. Trascurano così la loro macchina-cervello bisognosa di stimoli per un buon funzionamento. La vecchiaia mentale avanza con il diminuire della volontà di vivere accompagnata da un sentimento di colpa (quello di essere ancora al mondo) che frena la voglia di vivere del corpo. Le persone molto anziane sono sia respinte che ammirate: in tutti e due i casi subiscono un processo di isolamento “dall’insieme”.
Il nostro corpo è una realtà che funziona all’interno di un ambiente. La sensazione di rifiuto e di non scambio con l’esterno causa la separazione del corpo da un insieme con cui interagisce a tutti i livelli: fisico, mentale, emozionale, spirituale. Ad oggi l’invecchiamento (“entropia” secondo il principio della termodinamica) è il solo modo che si sia provato per vivere a lungo. In campo medico sono stati disponibili vari sieri rigeneratori delle cellule. Si attribuiscono virtù salutari alle alghe marine o alla pappa reale. Altri provano certe forme di dietetica. Il dott. Voronoff ha tentato di frenare la vecchiaia per mezzo delle ghiandole sessuali delle scimmie antropomorfe, ecc.
Appare ovvio che, in attesa che la durata e la qualità della vita diventino un fatto biologico e spirituale, la psicologia personale di un individuo avrà un ruolo preponderante. In futuro la durata della vita sarà in ascesa ad opera dei progressi della medicina e della biologia unitamente a quelli della spiritualità e della coscienza che si andranno diffondendo sul pianeta.
Immaginiamo un uomo che viva in perfetta armonia con se stesso e conseguentemente con gli altri, che si nutra e respiri in modo perfetto, senza il minimo stress e che viva in connessione con le energie universali in un ambiente che gli stia perfettamente confacente. Di quanto migliorerebbe e prolungherebbe la sua vita? E’ importante sapere che l’uomo non invecchia e muore rapidamente come si dice, ma che si uccide lentamente e che il corpo risponde al movimento psicologico e sociale della sua epoca.
Fonte: Quotidiano Italia Sera 2004 - Roma